Balenciaga. Riepilogo di uno scandalo. Parte II

Laurent Marcolivio

Qualche giorno più tardi esce una nuova campagna, diversa nello stile (e tra l’altro erroneamente attribuita al Galimberti) in cui foto di attrici famose (Nicole Kidman e Isabelle Huppert vengono fotografate in uffici hi-tech), sono associati ad altri scatti still-life. E anche qui nulla di strano. Ma in uno degli still-life, la borsa-icona del marchio è appoggiata su un foglio che riporta una sentenza della corte suprema degli Stati Uniti che stabilisce che “l’uso di immagini di porn****fia infantile non viola la libertà di espressione sancita dal primo emendamento”. E a una nuova analisi anche nei dettagli della foto con la Huppert si cela il diavolo. Sulla scrivania, in secondo piano ma non abbastanza da passare inosservato, c’è un libro di Michaël Borremans, chiacchieratissimo artista visivo i cui dipinti ambigui ritraggono spesso scene di inquietanti personaggi incappucciati e bambini giovanissimi in situazioni di violenza estrema. Si scatena l’inferno sui social e blogger, youtuber, tiktoker e instagrammer di tutto il mondo fanno a gara a chi è più indignato. Diventano virali video di personaggi, più o meno vip, che in cerca di like fanno a pezzi, bruciano o buttano nella monnezza oggetti o capi firmati Balenciaga.